I campi flegrei rappresentano uno dei sistemi vulcanici più complessi e sorvegliati del mondo. Situata a ovest di Napoli, questa vasta caldera racchiude un insieme di crateri, bocche eruttive, fumarole e un sistema idrotermale attivo. Nel corso dei secoli, i Campi Flegrei sono stati interessati da eruzioni di diversa intensità (l’ultima nel 1538, con la formazione del Monte Nuovo) e da fenomeni di bradisismo, cioè il sollevamento o l’abbassamento graduale del suolo dovuto a variazioni di pressione nel sottosuolo.
In tempi moderni, due importanti “crisi bradisismiche” si sono registrate nei primi anni ’70 e, soprattutto, tra il 1982 e il 1984, quando pozzuoli si sollevò di circa 3 metri, generando frequenti sciami sismici che portarono persino a evacuazioni temporanee. Al termine di questa intensa fase, il suolo subì un parziale abbassamento e la Sismicità diminuì sensibilmente.
A partire dai primi anni 2000, invece, la comunità scientifica ha iniziato a rilevare nuovi segnali di ripresa dell’agitazione vulcanica. In particolare, da allora i sensori hanno registrato:
- Ripresa del sollevamento del suolo
- Dal 2005-2006 il trend di rialzo del suolo, inizialmente molto lento, ha iniziato a diventare più marcato.
- Un’accelerazione più netta si è avuta tra il 2012 e il 2013, con tassi di deformazione maggiori e valori cumulati di alcuni decimetri rispetto ai livelli post-crisi degli anni ’80.
- Aumento della sismicità
- Parallelamente, la sismicità nei dintorni di Pozzuoli e nelle aree dei Campi Flegrei ha mostrato una crescita sia in frequenza sia in magnitudo, pur rimanendo per diversi anni su valori modesti (generalmente sotto 3-3.5).
- Negli ultimi tempi, tuttavia, ci sono state scosse più significative (3.9, 4.0, fino a 4.4), percepite distintamente non solo nell’area flegrea ma anche nella città di Napoli e dintorni.
- Degassamento e Gas letali
- Nelle zone fumaroliche (solfatara, Pisciarelli, ecc.) la presenza di anidride carbonica (CO₂), idrogeno solforato (H₂S) e altri gas vulcanici desta preoccupazione, poiché l’accumulo in depressioni o luoghi poco ventilati può risultare letale per persone o animali.
- Il degassamento può intensificarsi con l’aumento della pressione sotterranea, ma ciò non equivale di per sé a un’eruzione imminente; è tuttavia un segnale della vivacità del sistema idrotermale.
- Interpretazione scientifica
- L’insieme di fenomeni come il sollevamento del suolo, i terremoti e il degassamento testimonia uno stato di “unrest” della caldera. Ciò significa che i fluidi (acqua, vapore, gas) e, in parte, il magma in profondità stanno subendo variazioni di pressione e temperatura.
- Questi fenomeni non necessariamente preludono a una grande eruzione: nei Campi Flegrei si sono già avute in passato fasi di marcato bradisismo senza che poi si verificasse un’eruzione.
- Tuttavia, storicamente la zona è capace di generare eruzioni esplosive (freatomagmatiche, vulcaniane o persino più grandi), come quelle documentate in epoche preistoriche e protostoriche.
- Probabilità di eventi catastrofici
- Su scala umana, la probabilità di un’eruzione di grande portata è piuttosto bassa, ma non può essere esclusa. È compito degli scienziati dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e di altre istituzioni identificare segnali premonitori più chiari, come variazioni chimiche significative dei gas, deformazioni del suolo molto rapide, cambi di frequenza/energia sismica e così via.
- Le emissioni di gas letali e gli eventi sismici di media magnitudo (fino a 4.4) possono comunque rappresentare un rischio concreto, seppur solitamente localizzato, per le comunità che vivono nelle aree più vicine a fumarole o a potenziali punti di risalita dei fluidi.
- Monitoraggio e allerta
- La zona dei Campi Flegrei è costantemente sotto osservazione tramite una rete integrata di strumenti: sismometri, rilevatori GPS per le deformazioni verticali e orizzontali del suolo, interferometria satellitare (InSAR), analisi geochimiche delle fumarole e delle acque.
- I dati raccolti vengono elaborati e confrontati su base giornaliera, consentendo ai vulcanologi di aggiornare il livello di allerta (attualmente “giallo”) e di supportare la Protezione Civile nella pianificazione delle misure di sicurezza e dei piani di evacuazione.
- Conclusioni e raccomandazioni
- L’aumento di sismicità e bradisismo osservato negli ultimi 15-20 anni (con una fase di particolare intensificazione dal 2012-2013) conferma che il sistema flegreo sta vivendo un periodo di agitazione prolungata.
- Le scosse recenti di magnitudo 3.9 e 4.4 rappresentano un segnale di crescita nell’energia rilasciata; bisogna attendersi possibili nuovi eventi di questo tipo e il proseguire del sollevamento del suolo.
- Ad oggi, non ci sono indicazioni inequivocabili di un’eruzione imminente, ma data la complessità del vulcano, è essenziale seguire gli aggiornamenti ufficiali dell’INGV e della Protezione Civile, che sono le uniche fonti attendibili in grado di valutare e comunicare in anticipo i rischi legati a un’eventuale evoluzione verso fenomeni eruttivi.
In sintesi, i Campi Flegrei rimangono un’area vulcanica attiva che può attraversare lunghi periodi di “unrest” senza eruzioni, ma che richiede una costante vigilanza scientifica e adeguati piani di emergenza per far fronte a eventuali scenari di crisi, dall’aumento di sismicità locale all’emissione di gas letali fino a ipotetiche manifestazioni eruttive più o meno violente. Le misure di monitoraggio oggi in atto e il coordinamento tra enti di ricerca e Protezione Civile hanno proprio lo scopo di garantire un’allerta tempestiva e la sicurezza della popolazione.